sabato 4 aprile 2009

This is the end, beautiful friend


È tempo di tirare le fila. Mancano 99 giorni alla fine del mio servizio volontario europeo in Belgio e sono più confusa di quando sono partita.
È stato come una cura detox a base di sigarette e caffè.
Quando mi si chiede cosa è la vita rispondo con una metafora: è una passeggiata durante la quale le persone ti prendono e ti accompagnano per un tratto, per poi lasciarti proseguire coi nuovi incontri. Questo anno è stato il cammino di Santiago de Compostela dove l’hazard, il caso, era re.
Ogni incontro è stato aleatorio: potevo essere là, come potevo non esserci; ma dato che c’ero, c’è stato…e ha scolpito una parte di me cambiandola per sempre, scioccandomi, facendomi arrabbiare o semplicemente mostrandomi un’angolatura della scena mai presa in considerazione prima.
Non si può tornare indietro. Le esperienze umane non sono degli esperimenti da fare e rifare, abbiamo una chance, e dobbiamo giocarcela al meglio.
È per questo che soffro a vedere persone della mia età o, semplicemente, persone, che, se non fosse per questo stupido sistema burocratico e politico, potrebbero essere i miei vicini di casa coi quali andare a bere uno spritz, potrebbero essere i miei compagni di università o, semplicemente, potrebbero essere delle persone padrone delle loro vite, sono costrette a fare niente: questo è costringere le persone al logoramento.
Gli uffici degli assistenti sociali del centro sono tappezzati da manifesti che lodano il coraggio dei richiedenti d’asilo: sì, ci vuole tanto coraggio a farsi trattare come un animale domestico al quale si dà da mangiare e al quale si fornisce una lettiera e un cuscino per aspettare un esito estremamente incerto dal quale dipende il resto della vita (la Vita, non una parte di essa, ma essa nella sua interezza).
L’attesa. L’attesa è l’azione più perfida che esiste: non si può fare altrimenti. E rido se penso che mi innervosisco se aspetto un amico in ritardo all’appuntamento quando c’è gente che aspetta un pezzetto di carta arancione per vivere la propria vita, pezzetto rilasciato da gente che ti giudica dopo un colloquio dopo il quale se ne torna a casa dalla sua famigliola, nella bella villetta nel quartiere borghese per programmare le vacanze all’estero mentre il richiedente d’asilo se ne torna nel limbo dei forse.
Che disgusto tutto ciò.
Nei Promessi Sposi Fra Cristoforo, commentando le ingiustizie di don Rodrigo, disse verrà il giorno… ma verrà veramente il giorno in cui le cose cambieranno? Sono scettica.

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