Durante un banale footing a parc royal, osservando il cielo rosa che imbruniva dietro al palais des beaux arts, ho avuto un'epifania: mi sono innamorata di Bruxelles.
La filosofia spicciola dice che ci si rende conto del valore delle cose una volta che si sono perse. Io non l'ho ancora persa questa città eppure ne sento già la nostalgia e no, non ascolterò De André e non apsetterò domani per avere nostalgia.
Cosa amo di questa città? Ne amo le contraddizioni che tanto mi fanno arrabbiare o ne amo le persone che hanno incrociato il mio percorso?
Non saprei rispondere, la amo e basta. E un po' questo l'amore, no? Amare senza sapere perchè e soffrirne.
Dopo una settimana di vacanza in Francia sono ritornata al mio lavoro con il timore di non trovare più qualcuno. Qualcuno è partito, qualcuno è arrivato. Continuo a non abituarmi alla routine del centro fatta di benvenuti e di arrivederci. Continuo a versare lacrime per ogni addio nonostante gli assistenti sociali mi ripetano da un anno che devo farmi le ossa, prendere le distanze o si impazzisce tra queste mura.
Forse sono veramente impazzita perchè vedo cose che non avrei mai pensato di vedere altrove: una mamma somala che prende tra le braccia un piccolo ceceno e lo coccola come fosse suo figlio, kosovari albanesi e rom serbi che giocano a biliardo insieme, camerunesi che chiamano gli albanesi "fratello"... vorrei che tutto il mondo potesse impazzire e vedere ciò che vedo io per la strada, al supermercato, a scuola e sulle piazze. Peccato che questa follia si sviluppi solo nella gabbia della disperazione.

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