Cunningham scrive che le persone si illudono di vivere esperienze eccezionali, fuori dal comune ed estremamente eccitanti rispetto alle altre esistenze umane. Io ho quest’illusione. Oggi ho vissuto una giornata perfetta, che molte persone dovrebbero invidiarmi. È stata una giornata rara, un giornata eccezionale.
Il ragazzo ceceno, col quale ho versato lacrime di gioia, di rabbia e di dolore è tornato per dirmi addio. Ci siamo detti molto, senza interprete e senza parole. Abbiamo riso e ci siamo promessi di non dimenticarci. d’ora in poi sarà scolpito nella mia memoria, per sempre.
Un signore kosovaro ed io abbiamo accudito un piccolo ceceno di appena un anno. L’amore per questo bimbo ci ha uniti più di una cultura, una lingua e una cittadinanza in comune. Guardarlo giocare ha dato un senso di normalità ad un quadro fuori dal comune.
Un piccolo della Guinea si è addormentato tra le mie braccia. Quando mi vede nei corridoi tende le braccia verso di me, mi riconosce, si fida di me. Quando sua madre viene a prenderlo, si mette a piangere e si aggrappa alle mie gambe. Sono fiera ma al tempo stesso mi si spezza il cuore vederlo terrorizzato all’idea di perdermi.
-5 giorni e me ne vado dal centro. Non riesco ad immaginarmi l’addio, non riesco a dare una forma alle parole che pronuncerò. Non è umanamente sopportabile creare dei rapporti e poi andarsene.
Mi sono catapultata in quest’avventura senza un’idea precisa di ciò che avrei vissuto e mi sono fatta coinvolgere fini alle ossa dalle vite delle persone che incontrato. Io non vedo dei rifugiati, io vedo Ahmed, Zahra, Said… io vedo degli occhi che guardano, ascolto delle bocche che raccontano e annuso l’odore della persona che ho di fronte.
Ogni volta che finiva un ciclo scolastico ero triste di lasciare delle persone alle quali avevo voluto bene ma sapevo che avrebbero intrapreso la loro strada. Qui lascio delle madri, dei bimbi e degli uomini che rischiano un rimpatrio forzato in un paese che ormai non è più il loro, lascio persone che migrano e migreranno ancora, lascio delle speranze infrante e dei sogni troppo timidi per poter essere fatti. Lascio tanti punti di domanda incollati su delle vite.
Sono psicologicamente destabilizzata, ho succhiato qualche goccia di ciascun trauma subito, ho abbandonato ogni illusione circa la giustizia trionfante per i buoni. Sono favole a cui non credo e che non voglio raccontare alle persone che mi chiederanno di quest’esperienza e che sicuramente non racconterò ai miei figli un giorno (meglio disillusi che delusi!). Ogni piccola conquista è costata dolore profondo, conquista irrilevante rispetto al prezzo pagato.
Il ragazzo ceceno, col quale ho versato lacrime di gioia, di rabbia e di dolore è tornato per dirmi addio. Ci siamo detti molto, senza interprete e senza parole. Abbiamo riso e ci siamo promessi di non dimenticarci. d’ora in poi sarà scolpito nella mia memoria, per sempre.
Un signore kosovaro ed io abbiamo accudito un piccolo ceceno di appena un anno. L’amore per questo bimbo ci ha uniti più di una cultura, una lingua e una cittadinanza in comune. Guardarlo giocare ha dato un senso di normalità ad un quadro fuori dal comune.
Un piccolo della Guinea si è addormentato tra le mie braccia. Quando mi vede nei corridoi tende le braccia verso di me, mi riconosce, si fida di me. Quando sua madre viene a prenderlo, si mette a piangere e si aggrappa alle mie gambe. Sono fiera ma al tempo stesso mi si spezza il cuore vederlo terrorizzato all’idea di perdermi.
-5 giorni e me ne vado dal centro. Non riesco ad immaginarmi l’addio, non riesco a dare una forma alle parole che pronuncerò. Non è umanamente sopportabile creare dei rapporti e poi andarsene.
Mi sono catapultata in quest’avventura senza un’idea precisa di ciò che avrei vissuto e mi sono fatta coinvolgere fini alle ossa dalle vite delle persone che incontrato. Io non vedo dei rifugiati, io vedo Ahmed, Zahra, Said… io vedo degli occhi che guardano, ascolto delle bocche che raccontano e annuso l’odore della persona che ho di fronte.
Ogni volta che finiva un ciclo scolastico ero triste di lasciare delle persone alle quali avevo voluto bene ma sapevo che avrebbero intrapreso la loro strada. Qui lascio delle madri, dei bimbi e degli uomini che rischiano un rimpatrio forzato in un paese che ormai non è più il loro, lascio persone che migrano e migreranno ancora, lascio delle speranze infrante e dei sogni troppo timidi per poter essere fatti. Lascio tanti punti di domanda incollati su delle vite.
Sono psicologicamente destabilizzata, ho succhiato qualche goccia di ciascun trauma subito, ho abbandonato ogni illusione circa la giustizia trionfante per i buoni. Sono favole a cui non credo e che non voglio raccontare alle persone che mi chiederanno di quest’esperienza e che sicuramente non racconterò ai miei figli un giorno (meglio disillusi che delusi!). Ogni piccola conquista è costata dolore profondo, conquista irrilevante rispetto al prezzo pagato.
